Processo Cogne: 533 pagine per spiegare la condanna della Franzoni
L’uccisione del piccolo Samuele fu un vero e proprio massacro e la causa scatenante risiede probabilmente in un conflitto interiore di Anna Maria Franzoni. Sono durissime le motivazioni della sentenza di secondo grado che ha condannato la mamma di Cogne. In 533 pagine i giudici spiegano che il conflitto di Anna Maria aveva radici nell’ambito famigliare, soprattutto nella gestione dei due figli caratterizzata da sovraffaticamento e stress. Una condotta efferata – spiegano ancora i giudici – un dolo intenzionale di omicidio: la mamma ha colpito il figlio Samuele con un oggetto domestico (un mestolo o un pentolino) e prima di chiamare i soccorsi ha nascosto l’arma forse nel suo zainetto. Se la pena è stata ridotta dai 30 anni del primo grado a 16 nell’appello è perché – sempre secondo la corte – Anna Maria Franzoni soffre di un disturbo psicologico che le provoca forti crisi ansiose. Il difensore Paola Savio adesso si prenderà tutto il tempo necessario per studiare le 500 pagine e preparare il ricorso in cassazione, intanto commenta così: “Ci hanno messo tanto tempo per motivare un ragionamento assurdo…” Anna Maria Franzoni sta malissimo, spiega il suo difensore, e in una email ribadisce tutta la delusione per una giustizia che non ha il coraggio di dire “forse sto sbagliando”. “Continuerò per tutta la vita a chiedermi perché non ho il diritto di sapere chi ha ucciso il mio Samuele – scrive ancora la mamma di Cogne – nella speranza di trovare un magistrato che mi ascolti”. Quel mattino del 30 gennaio 2002 Anna Maria Franzoni era molto stanca per aver dormito poco e male, il figlio piangeva e non voleva affatto stare tranquillo nel lettone. La ribellione di Samuele diede avvio alla reazione violenta della madre ansiosa, sofferente, stanca e arrabbiata. E fu un vero massacro. È uno dei passaggi centrali delle 533 pagine delle motivazioni che i giudici della corte d’assise d’appello di Torino hanno reso note oggi a supporto della condanna a 16 anni del 27 aprile scorso. Fatti certi che costituiscono un quadro di elementi di colpevolezza univoci e concordanti. E la causa scatenante risiede probabilmente in un conflitto interiore di Anna Maria Franzoni. La mamma ha colpito il figlio Samuele con un mestolo o un pentolino e prima di chiamare i soccorsi ha nascosto l’arma. È stato il calcolo dei tempi a far pensare ai giudici di Torino che Anna Maria Franzoni sia la colpevole del delitto di Cogne. Lo si ricava dalla lettura delle motivazioni della sentenza. La Corte ritiene che la donna, il 30 gennaio 2002, abbia percosso con un oggetto Samuele fra le 8.10 e le 8.17-8.18, quando uscì per accompagnare allo scuolabus il figlio Davide, che era già fuori casa. Il calcolo dei tempi è stato essenziale per accertare la responsabilità di Anna Maria. A Samuele sono stati vibrati “non meno di 17 colpi” alla testa in “meno di un minuto”, e il bambino è morto prima dell’arrivo dei soccorritori anche se il momento preciso del decesso, secondo i giudici, non può essere determinato. La dottoressa Ada Satragni, che prestò i primi soccorsi al bambino, era convinta che Samuele fosse ancora vivo, e lo ha ribadito anche nel 2006 al processo d’appello in un “colloquio informativo” con gli psichiatri che stavano esaminando la personalità dell’imputata: “Quando sono entrata gemeva. Un gemito reiterato, come un lamento un po’ prolungato. Avevo un bambino vivo”. Se la sua testimonianza fosse corretta Anna Maria Franzoni avrebbe un alibi, in quanto, come dice la difesa, l’aggressione si sarebbe verificata nei pochi minuti in cui la donna era allo scuolabus. Ma la Corte, con una lunga dissertazione in cui si richiamano gli studi scientifici sulle “tre fasi della morte” (morte relativa, morte intermedia e morte assoluta), conclude che la Satragni, entrata in casa alle 8.32, ha confuso dei “fenomeni di reviviscenza” (“respiro apparente di persona deceduta”) con dei segnali di vita. Il consulente dell’accusa Francesco Viglino disse che “la sopravvivenza del bambino era stata assai breve” e che i “fenomeni vitali” si susseguirono per 10-12 minuti, al massimo per 17. I difensori adesso hanno 45 giorni per preparare il ricorso in Cassazione, intanto Anna Maria Franzoni resta libera.