Sequestrati beni per 2 milioni a Lo Presti e nipoti
Il sequestro di beni mobili e immobili per circa due milioni di euro a carico dell’imprenditore Rocco Lo Presti, 70 anni, e dei nipoti Luciano e Giuseppe Ursino, 41 e 39 anni, è stato disposto dal Tribunale di Torino, su richiesta del questore, Stefano Berrettoni. La misura di prevenzione è stata notificata agli interessati due giorni fa in relazione alle pene inflitte ( dai tre ai quattro anni, con patteggiamento per Lo Presti e Giuseppe Ursino, rito abbreviato per Luciano Ursino) nel maggio scorso con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’usura. Tra i beni sequestrati ci sono denaro su conti correnti e palazzine nella città di Bardonecchia (Torino). Il provvedimento è giunto a conclusione di un’indagine della Squadra Mobile della Questura di Torino e del Commissariato di Bardonecchia (Torino). I beni sequestrati al nucleo familiare che fa riferimento a Lo Presti sono un alloggio a Oulx (Torino), due sale gioco a Bardonecchia (Torino) e cinque conti correnti intestati in parte all’interessato e in parte si suoi familiari, ciascuno contenente alcune decine di migliaia di euro. Per quanto riguarda Luciano Ursino sono stati sequestrati un alloggio nella piazza centrale. Lo Presti, originario di Marina di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria), titolare di una sala giochi, si insediò a Bardonecchia nel 1963 (“per ragioni di lavoro”, disse una volta). La sua storia, secondo la Procura, è la storia della ‘ndrangheta in Valle di Susa, dove quarant’anni fa si radicò una banda (un “locale”, nel gergo delle cosche) comandata all’inizio da Francesco Mazzaferro, un calabrese che vi era giunto in soggiorno obbligato, e poi da Lo Presti, il quale, sempre secondo un pentito, nella scala gerarchica dell’associazione malavitosa aveva il grado di “santista”. Il “locale” di Bardonecchia era attivo soprattutto nell’edilizia, dove controllava gli appalti e decideva chi lavorava e chi no. Lo Presti attirò spesso l’interesse di forze dell’ordine e magistratura, ma respinse sempre qualsiasi accusa e fino al 1994, quando partì una formale indagine per mafia, riuscì a superare senza danni tutti i procedimenti giudiziari: il più grave, del 1975, si riferiva al sequestro e all’omicidio di un imprenditore edile. Nel 1995 il consiglio comunale della piccola città alpina (unico caso nel Nord Italia) è stato sciolto per le infiltrazioni mafiose. Dopo la condanna di primo grado, che lo ha visto a piede libero, Lo Presti nel 2006 è incappato in un procedimento per usura, che ha chiuso patteggiando tre anni da scontare agli arresti domiciliari per ragioni d’età.