Arrestato ex brigatista durante una rapina a Siena
Cristoforo Piancone, 57 anni, ex brigatista, condannato all’ergastolo per il concorso in 6 omicidi e due tentati omicidi, ieri, godendo della semilibertà, dopo una rapina in banca a Siena, se non gli si fosse inceppata la pistola avrebbe ucciso di nuovo un agente di Polizia che lo stava inseguendo. Erano da poco passate le 15 di ieri pomeriggio quando l’ex brigatista assieme ad un complice, riuscito poi a fuggire, è entrato in questo istituto bancario del Monte dei Paschi che si trova nel cuore di Siena. Travisato in viso e armato fino ai denti dopo aver arraffato circa 170 mila euro è fuggito a bordo di un motorino rubato. Ma qualcuno ha telefonato al 113. L’allarme è scattato alla Questura ed è iniziata per i banditi una rocambolesca fuga tra i vicoli di Siena affollati di turisti. Sirene spiegate, grida, un fuggi fuggi generale. Poi finalmente Cristoforo Piancone è stato circondato e ammanettato. La sua vera identità gli agenti l’hanno scoperta attraverso le sue impronte digitali. E solo allora hanno saputo che l’ex brigatista il cui nome in codice era Gerard fu arrestato la prima volta nel ‘78 per l’assassinio di un agente di Polizia penitenziaria. Gli inquirenti sospettano che la somma rapinata potesse servire a finanziare la lotta armata ma Cristoforo Piancone che attualmente faceva il bidello in una scuola a Torino, e nel carcere di Vercelli dormiva soltanto, ha detto che quei soldi gli sarebbero serviti per far fronte alle sue spese personali, dal momento che guadagnava poco, e in particolare che avrebbe saldato un debito contratto con il suo dentista. Cristoforo Piancone era finito la prima volta in carcere a Torino l’11 aprile 1978, subito dopo aver partecipato all’assassinio dell’agente di Polizia penitenziaria Lorenzo Cotugno. Nell’agguato, avvenuto sotto l’abitazione della vittima, Piancone rimase ferito e i suoi complici lo abbandonarono davanti all’ospedale San Giovanni Bosco. Un mese prima, il 10 marzo, insieme a nomi noti della colonna brigatista torinese come quelli di Patrizio Peci, Vincenzo Acella, Luca Micaletto e Nadia Ponti aveva ucciso il maresciallo Rosario Berardi. Coinvolto in altri delitti delle Br, i carcerieri di Aldo Moro inserirono il suo nome in un elenco di tredici “prigionieri comunisti” che “la Dc e il suo governo” avrebbero dovuto liberare per ottenere il rilascio del presidente democristiano. “Era un clandestino regolare”, ricorda il procuratore aggiunto Maurizio Laudi, che all’epoca delle Brigate Rosse faceva parte del cosiddetto pool antiterrorismo. “Nonostante la sua militanza brigatista – spiega – aveva conservato il suo lavoro da operaio alla Fiat come copertura”. Noto con il nome di battaglia di “Gerard”, non si è mai pentito e non ha mai collaborato con i magistrati. A Cristoforo Piancone il tribunale di Sorveglianza di Torino aveva negato la scorsa primavera la libertà condizionale, mantenendo la semilibertà concessa nel 2004. Lo riferisce il suo legale, l’avvocato Riccardo Vaccaro. “Non mi risulta vivesse in condizioni di particolare disagio – dice – e ci stavamo preparando per chiedere di nuovo la libertà condizionale”. “Piancone – spiega Vaccaro – viveva la semilibertà come un supplemento di pena. Tutti i giorni doveva infatti spostarsi da Vercelli a Torino, dove lavorava come bidello in una scuola, e poi ritornare a Vercelli in carcere”. L’ex brigatista, infatti, non poteva essere trasferito nella casa di detenzione di Torino. “Perché – dice ancora l’avvocato – intitolata a Lorenzo Cotugno, la guardia uccisa proprio da Piancone”. L’ex brigatista a Torino aveva affittato un appartamento in cui trascorreva le poche ore di libertà quando non lavorava.