Liberato lo speleologo croato nelle Alpi Marittime
Un tappeto umano, centinaia di mani che si passano la barella, poi un grido liberatorio e lui che risponde con un grazie e un invito scherzoso ai medici, di non tagliare la giacca della sopravvivenza. È finita oggi, poco dopo le 13,30 la disavventura dello speleologo croato Igor Jelevic, 43 anni, che mercoledì scorso è scivolato all’interno della grotta “Piaggia bella” del massiccio del Marguareis, nel Cuneese, al confine tra Italia e Francia. Quattro giorni con la caviglia fratturata, una ferita alla gamba e la spalla sinistra lussata, a cinque ore di cammino dall’imboccatura della grotta e a circa 400 metri di profondità, con una temperatura di 4 gradi e umidità al 100 per cento. Condizioni che avrebbero potuto essere fatali. Due medici sempre in contatto con lui, una tendina a scongiurare l’ipotermia, una stufetta per riscaldarlo. E poi una squadra di tecnici che con speciali trapani e turni massacranti – dormivano all’interno della profonda cavità in tende di fortuna – hanno allargato gli strettissimi cunicoli per permettere il passaggio della barella. 200 tra speleologi e volontari del Soccorso Alpino, coordinati dal centro regionale piemontese, hanno fatto il miracolo, a tempo di record. Un lavoro senza sosta e massacrante interrotto dagli applausi finali, all’alzarsi dell’elicottero del 118 che ha trasportato Jevelic al Cto di Torino.