8 NOVEMBRE 1976 – Muore a Torino Giorgio Ferrini.
Non è la fascia che fa il capitano. E Giorgio Ferrini ben lo sapeva, i suoi esempi erano Valentino Mazzola ed Enzo Bearzot, uomini abili a spronare i compagni ma anche a sostenerli nei momenti di difficoltà. Uomini dotati di naturale carisma e verificata credibilità. Giorgio Ferrini, per undici anni, è stato uno dei migliori capitani del Toro, punto di riferimento costante per tutti i compagni, qualsiasi allenatore si sia seduto sulla panchina, ha assegnato a Ferrini il centrocampo, sicuro dell’affidabilità del giocatore. Grinta, visione di gioco, volontà infaticabile, lotta senza risparmio di energie, queste le caratteristiche che gli valsero il soprannome di “La Diga” proprio per il suo essere baluardo incrollabile. Giorgio Ferrini sapeva dare alla squadra un senso di solidità e di continuità. Fuori dal campo era un uomo taciturno, mite, perfino timido, ma le sue doti morali gli valevano l’ammirazione di chi incontrava e la stima da parte di tutti.
Nato a Trieste il 18 agosto 1939, Ferrini venne scoperto da un giocatore argentino che all’epoca militava nei granata che lo portò in Piemonte dove iniziò l’avventura calcistica nelle giovanili del Toro. Nel 1957 venne dato in prestito per un anno al Varese: segnò 13 reti. L’anno successivo rientrò a Torino e giocò in prima squadra nel campionato di serie B, aveva 19 anni. Il Toro vinse il campionato e ritornò in serie A, grazie anche all’impegno di Ferrini che giocò 38 partite su 38. Debuttò con la maglia azzurra nelle Olimpiadi di Roma del 1960, la squadra fu eliminata nella semifinale dalla Jugoslavia. Nel 1962 esordì nella Nazionale A, a Bruxelles, in squadra giocavano anche Gigi Radice e Giovanni Trapattoni, i belgi subirono un sonoro 3 a 1.
Uno sfortunato episodio segnerà la sua carriera in Nazionale: sempre nel 1962 fece parte della squadra che affrontò il mondiale in Cile. Nella partita che vide l’Italia contro i padroni di casa, il clima era teso, il nervosismo era montato ad arte per favorire i cileni. I calciatori avversari dimostrano di essere specialisti nel provocare i nostri, scoppiò una rissa e Ferrini reagì a un fallo tentando di scalciare il cileno Landa, l’arbitro inglese Aston, che non riusciva più a riportare l’ordine in campo, lo buttò fuori mentre Lionel Sanchez, non visto da Aston, colpì con un pugno il volto di Maschio. L’Italia perse la partita e venne eliminata, ma Ferrini tornò a casa con la pesante fama di picchiatore e, per cinque anni, non fu convocato in Nazionale.
Il campionato 1963/64 fu quello della svolta, Ferrini venne nominato capitano e diventò il punto di riferimento del Toro. Con lui la squadra ottenne un secondo posto nel campionato 1971/72, con allenatore Gustavo Giagnoni, , ma anche due Coppe Italia nel 1968 e nel 1971.
Giorgio Ferrini terminò l’attività agonistica nel 1974/75, con Cagliari – Torino ultima partita di campionato. Ma visto l’attaccamento dei tifosi e le indubbie qualità morali e tecniche, accettò di fare da secondo allenatore a Gigi Radice. Insieme festeggiarono la conquista dello scudetto del 1976. Pochi mesi dopo quella grandissima gioia, Giorgio Ferrini morì in seguito ad un aneurisma.
Indossò con onore per 16 anni la maglia granata, disputò 548 partite e segnò 53 reti. Per 7 volte vestì la maglia della Nazionale.