Veltroni sceglie Torino per candidarsi alla guida del Partito Democratico
Walter Veltroni scende in campo parlando per 95 minuti: fare un’Italia nuova, è questa la ragione e la missione del partito democratico, che nasce per unire il paese, ricomporre i contrasti, superare i conservatorismi di destra e sinistra, riavvicinare gli italiani alla politica. E agli alleati della futura coalizione dice “non un partito di ex”. Ringraziamenti al fondatore dell’Ulivo Prodi, ai segretari di Ds e Margherita, Fassino e Rutelli, “per aver colto quella che era l’ultima occasione mettendo in gioco se stessi”. Sostegno all’attuale esecutivo. Quindi un cahiers des doleances lunghissimo: “Vedo la tendenza all’illegalità diffusa, a difendere a denti stretti i piccoli e grandi privilegi”. Quattro le colonne del nuovo partito: ambiente, patto tra generazioni, formazione, sicurezza. È per l’alta velocità, per i dico, il parlamento cambi la legge elettorale o lo farà il referendum. In tema di lotta all’evasione, bandisce ogni odio di classe. Continuerà a fare il sindaco di Roma, e l’appuntamento con l’Africa è solo rimandato. Citati e ringraziati: Ciampi, D’Alema, l’economista riformista Salvati, lo statista svedese Olaf Palme, Napolitano, Vittorio Foà. Stoccate a Berlusconi e alla Lega. Prossimo appuntamento, le primarie del 14 ottobre. Si sceglierà il segretario del Partito democratico, ma non ancora il candidato per Palazzo Chigi. Per quest’ultimo ci saranno altre primarie. “Non si può dire no all’Alta Velocità se l’alternativa è il traffico che inquina”. Lo ha detto Walter Veltroni, nel suo intervento al Lingotto di Torino, sottolineando l’esigenza di un ambientalismo che non sappia solo dire dei no. Margherita e Ds si fondono nella Sala Gialla del Lingotto appena sfumata di verde dalla scenografia studiata per il discorso, lungo un’ora e mezza, di Walter Veltroni. Gli esponenti dei due partiti sono la maggioranza dei vip nelle prime file del salone trasformato in una sauna, con decine di persone in piedi ai lati e in mezzo, tra le sedie che sono state occupate in un baleno appena le porte sono state aperte. In prima fila ci sono il segretario Ds Piero Fassino, il capogruppo dell’Ulivo alla Camera Dario Franceschini, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, escluso dalla lista dei 45 saggi ma osannato dal pubblico quando Veltroni lo chiama in causa. C’è Enrico Salza, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, i presidenti delle Regioni Lazio, Piero Marrazzo, e Liguria, Claudio Burlando. Manca la padrona di casa, Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, ma il suo forfait è previsto e giustificato: è impegnata in una missione istituzionale in Sudamerica programmata ben prima che la scelta di Veltroni cadesse su Torino. Le istituzioni piemontesi sono rappresentate, oltre che da un gran numero di assessori e consiglieri dei diversi enti, da Davide Gariglio, alla fine un po’ deluso perché Veltroni “non ha sottolineato sufficientemente l’impegno dei cattolici democratici” nella costruzione del Partito Democratico. Oltre 600 persone seguono Veltroni nella Sala Gialla, 1.500 si devono accontentare di vedere il palco proiettato sul maxi-schermo dell’attiguo padiglione fieristico. Non pochi brontolano per la sistemazione e Veltroni alla fine si sposta da loro per ringraziarli e scusarsi, prima di schizzare in auto alla volta dell’aeroporto di Caselle. La platea segue con compostezza l’intervento del futuro segretario del Pd: pochi applausi, brevi, forse per non interromperlo. L’atmosfera si scalda quando il sindaco di Roma insiste sul tema della lotta alla precarietà nel lavoro, o quando dice “non deve mai più succedere che in un Parlamento repubblicano ci sia chi sventola i giornali (riferendosi a una protesta della Lega Nord, ndr)”.