Catturati i predatori di Stupinigi
Dopo anni di indagini serrate i Carabinieri sono riusciti a sgominare la banda di ladri che, nel febbraio del 2004, fece parlare di sé tutto il mondo per un colpo clamoroso: il furto di mobili antichi e altri pregiati oggetti d’arte dalla Palazzina di Caccia di Stupinigi, la reggia sabauda alle porte di Torino. Gli autori sono dei nomadi piemontesi sinti, definiti dal procuratore aggiunto Francesco Saluzzo “predatori instancabili”, perché accusati di avere messo a segno altre duecento razzie. Tra le quindici persone catturate c’è anche un minorenne. Il bottino di Stupinigi era di valore incalcolabile. La Sovrintendenza indicò 20 milioni di euro, ma era solo una stima indicativa, anche perché piazzare al mercato nero tavoli, orologi, quadri e specchiere, troppo preziosi e troppo conosciuti (molti i capolavori degli ebanisti di Casa Savoia come Piffetti e Bonzanigo), era un’impresa impossibile. La refurtiva ritornò alla Palazzina di Caccia dopo un episodio i cui risvolti sono stati chiariti solo oggi. Il 26 novembre 2005 venne semplicemente fatta trovare su un prato, in aperta campagna, a pochi chilometri. Si parlò dell’opera di un informatore e di “pressioni investigative”, ma adesso si è scoperto che, per recuperare i pezzi, l’Ordine Mauriziano (proprietario della Palazzina) e la compagnia assicuratrice hanno sborsato 250 mila euro: un misterioso intermediario, in via di identificazione, disse che, pagando, si poteva evitare che gli oggetti venissero venduti in un paese arabo. E ora la Procura contesta l’estorsione. Ladri che rubavano di tutto e praticamente ovunque: nelle chiese piemontesi (arredi sacri e, almeno in 156 occasioni, persino le offerte lasciate dai fedeli nelle cassettine), nei conventi, negli alloggi, nei negozi. Il pm Enrico Arnaldi di Balme ha messo insieme 62 capi d’accusa. Nella sola notte di Natale del 2006 cercarono, in poche ore, di depredare la sede delle suore di clausura di Pralormo (Torino), un ospizio e le case parrocchiali di Carmagnola e Centallo, poi colpirono a Savigliano, Marene e Caramagna e quindi tornarono a Carmagnola, dove la prima volta, disturbati, non avevano centrato l’obiettivo.