Eternit: a giudizio vertici multinazionale amianto
Chi è rimasto fuori dalla maxi-aula 1 del tribunale di Torino ha capito com’è andata quando ha sentito un breve applauso scrosciare dall’interno: i vertici dell’Eternit erano stati rinviati a giudizio dal gup Cristina Palmesino per disastro doloso e rimozione volontaria di cautele contro gli infortuni. Reati gravi, nei quali si condensa la lunga catena di morti e malati (circa 2.900 in tutto) per il contatto con l’amianto lavorato in quattro sedi italiane della multinazionale. Ad applaudire sono stati i 140 cittadini di Casale Monferrato che, dopo essersi costituiti parte civile (con altre 550 fra persone fisiche ed enti territoriali), hanno potuto seguire l’udienza preliminare. Casale è la città della provincia di Alessandria in cui l’Eternit aveva uno dei suoi stabilimenti più importanti e dove il fenomeno si è manifestato nelle dimensioni più vaste: solo i deceduti, fra ex lavoratori e semplici residenti, sono 1.378. “Da noi – dice Tommaso, un residente – si ammalano di amianto quattro persone al mese e ne muoiono 40 all’anno. Immaginate con che stato d’animo tiriamo avanti”. Il processo, di entità colossale per il numero delle parti lese, comincerà il 10 dicembre e riguarderà il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 62 anni, uno degli uomini più ricchi del mondo, e il barone belga Jean Louis De Cartier De Marchienne, 88 anni,chiamati in causa per l’operato delle sedi di Casale, di Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Bruno Pesce, coordinatore del comitato delle vittime casalesi, ha gli occhi lucidi per la commozione: “Non è finita, e lo sappiamo. Bisogna fare il processo, risolvere la questione dei risarcimenti. Ma per ora abbiamo scritto una grande pagina di giustizia”.