L’amarezza di Marchionne per la perdita di Opel
La fuga all’alba, per evitare i cronisti. Le sigarette spente e riaccese, nervosamente, per tutta la notte. A rivederle ora, certe immagini dicono già tutto. Che la partita per Opel fosse difficile, se non disperata, Sergio Marchionne l’aveva capito da giorni. “È una lotteria”, aveva detto martedì. “Sembra una soap opera brasiliana”, ha tagliato corto ieri. La telenovela è finita stamattina alle 2,17 quando il governo tedesco ha annunciato la sua decisione: sarà Magna, e non Fiat, il nuovo proprietario di Opel. Vince la cordata russo-canadese e vincono le sue promesse mirabolanti, quelle per cui Marchionne – parole sue – avrebbe licenziato un suo manager “che avesse redatto un piano così”. Un piano che alla fine, a conti fatti, costerà comunque 2.600 licenziamenti in Germania, più dei 2.000 di Fiat. Ai canadesi di Magna, un’azienda che produce componenti per auto, andrà in realtà il 20% di Opel, mentre avranno quote del 35% la banca russa Sberbank, controllata dal Cremlino, e gli attuali proprietari di General Motors. Per Marchionne, il supermanager venuto dal Canada per risollevare il Lingotto, quella di Opel è la prima scommessa persa. Il che, volendo, lo rende anche più umano. Ma è una scommessa persa contro un altro come lui. A capo di Magna c’è infatti l’austrocanadese Frank Stronach: anche lui passato dalla miseria al successo emigrando a Toronto. Partito dall’Austria a vent’anni senza uno scellino in tasca, tra qualche settimana sarà alla guida di un gruppo da 5 milioni di auto l’anno.