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07 agosto 2008

Una vita brillante chiusa in un giorno sbagliato

Ora sei qui, sulla vespa grigia nell’aria azzurra, e un attimo dopo è finita. Ma stavolta non scegli tu ed è irreversibile. La Fiesta Rossa esce da una strada laterale, un camion fa da paravento, lo scooter viene centrato in pieno. Alle otto del mattino Andrea Pininfarina, figlio di Sergio e nipote del mitico Pinin, 51 anni compiuti a giugno, cade sull’asfalto e muore sul colpo. Andava a lavorare, l’azienda è a un paio di chilometri dal sangue sulla strada di Trofarello, cintura sud di Torino. Doveva visionare la Hyperion, ultimo modello pronto per essere imbarcato per gli Stati Uniti. In ufficio in moto, e non sull’Alfa: perché fa caldo, perché è più comodo. Sulla Ford siede un anziano sotto choc: “Non l’ho visto, andavo piano, non l’ho proprio visto”. A 78 anni Giuliano Salmi la macchina aveva imparato a usarla il minimo indispensabile, giusto per fare la spesa. A piedi sempre, ma ieri no. Un testimone ricostruisce l’incidente, la figlia del pensionato segue il padre in ospedale a Moncalieri. Un uomo prudente. Un giorno sbagliato che finisce nella camera mortuaria del cimitero di Chieri, dove alla spicciolata arrivano amici e parenti paralizzati dal dolore. Non c’è niente da dire, non ha parole per nessuno Cristina Pollion di Persano, la moglie di Andrea conosciuta da ragazza, la mamma dei suoi tre figli, Benedetta, Sergio e Luca. Andrea Pininfarina era il secondogenito di Sergio, torinese come di più non è possibile a cominciare dal curriculum. Laurea in Ingegneria meccanica al politecnico presa nell’81, poi il volo rituale negli Stati Uniti a farsi le ossa e limare l’inglese alla Fruehauf di Detroit, rimorchi per autocarri. Il resto va come deve andare: qualche mese nell’azienda di papà dentro la Fiat Motors North America, poi il ritorno a Grugliasco a coordinare il progetto Cadillac Allante. Niente di regalato, i privilegi si pagano con il lavoro duro o si perdono. Questo ragazzo con gli occhi chiari rappresenta la terza generazione dei Pininfarina, il suo ruolo al vertice comincia a delinearsi quando a 30 anni, nell’87, il papà lo coopta nella direzione generale della parte industriale, al fianco dei fratelli Paolo e Lorenza. Carriera inesorabile: nell’88 è direttore generale, nel ’91 amministratore delegato della Pininfarina Deutschland GmbH, nel ’94 amministratore delegato dell’azienda. Due anni dopo aggiunge la presidenza dell’Amma torinese, ma guida anche la Federmeccanica ed è leader dell’Unione Industriale della città degli Agnelli. In tempi recenti sfronda tutti gli impegni istituzionali per dedicarsi completamente all’azienda. Per il rilancio stringe accordi con il francese Vincent Bollorè (la mission è entrare nel settore delle auto elettriche) ma anche con l’indiano Ratan Tata e con gli industriali Alberto Bombassei, numero uno della Brembo, Piero Ferrari, figlio del fondatore della casa modenese e la famiglia Marsiaj, altro nome di rilievo nella componentistica auto mondiale.

 



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