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17 maggio 2010

Afghanistan: dolore in caserma per due “figli strappati”

In fondo al cortile le pa­role scolpite sul mo­numento ai caduti suo­nano come un triste presagio. “Fede per cre­dere… coraggio per agire”, si legge dietro alle bandiere a mezz’a­sta della ca­ser­ma Mon­te­grappa a Torino do­ve gli alpini della Brigata Taurinense piangono la morte di Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio. Due soldati al servizio della pace “figli strappati” alle loro vite dall’e­splo­sione che questa mattina li ha uccisi in Afghanistan.

La notizia dell’attenta­to in cui sono rimasti fe­riti altri due commilitoni è piombata come una bomba sulla sala radio della caserma per poi rimbalzare di camerata in camerata sui militari che stavano iniziando le loro attività.

“Magari è solo un allarme vedrai che stanno tutti bene”, è stata la loro prima reazione. Ma quando le informazioni sono diventate più pre­cise la speranza si è trasformata in dolore.

“Mi hanno strappato due figli”, ha commentato commosso il generale Francesco Paolo Figluolo al comando della caserma da quando a fine marzo il grosso della Brigata è volato in Afgha­nistan. Tuta mimetica anfibi e penna bianca sul cappello è toccato a lui co­municare in mo­do ufficiale ai soldati quello che già avevano intuito. Poche parole pronunciate davanti ai militari sull’attenti nello stesso cortile in cui lo scorso 26 marzo avevano salutato i loro amici in partenza per la missione all’estero.



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