27 AGOSTO 1950 – Muore Cesare Pavese
“Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.
Questa la frase con cui si congeda dalla vita Cesare Pavese. E’ stata trovata appuntata sulla prima pagina del libro Dialoghi con Leucò, sul tavolino della camera dell’albergo Roma di piazza Carlo Felice a Torino, accanto al suo corpo oramai privo di vita. La depressione ha avuto il sopravvento. Le cronache parlano di una delusione amorosa, l’ennesima.
Ma il malessere di Pavese è più profondo e l’accompagna fin dall’infanzia: era nato a Santo Stefano Belbo il 9 settembre 1908, e nonostante la famiglia agiata, non aveva avuto un’infanzia felice. Cresciuto da balie, per via della salute cagionevole della madre, rimase orfano di padre a soli 5 anni. L’idea della morte e del suicidio lo accompagnano fin dall’adolescenza, ne sono testimonianza lettere e versi. Riesce però a concretizzarla solo in quell’agosto cittadino, dove non trova più stimoli o appigli, neppure quelli della scrittura.
In una lettera inviata qualche giorno prima a una giovane donna scrive: “ Posso dirti, amore, che non mi sono mai svegliato con una donna mia al fianco, che chi ho amato non mi ha mai preso sul serio, e che ignoro lo sguardo di riconoscenza che una donna rivolge a un uomo? E ricordarti che, per via del lavoro che ho fatto, ho avuto i nervi sempre tesi, e la fantasia pronta e precisa, e il gusto delle confidenze altrui? E che sono al mondo da quarantadue anni? Non si può bruciare la candela dalle due parti – nel mio caso l’ho bruciata da una parte sola e la cenere sono i libri che ho scritto. Sono ormai di là dalla politica. L’amore è come la grazia di dio – l’astuzia non serve. Quanto a me, ti voglio bene, Pierina, ti voglio un falò di bene. Chiamiamolo l’ultimo guizzo della candela. Non so se ci vedremo ancora”.
L’opera letteraria di Cesare Pavese è imponente, poesie, racconti, romanzi e traduzioni, così come è stata importante la sua attività politica. Uomo sensibile e dotato di un’intelligenza riflessiva e vivace, ha scritto pagine indimenticabili e ineguagliabili. La luna e i falò, l’ultimo romanzo pubblicato nel 1950 quand’era ancora in vita, racchiude, nella descrizione dei paesaggi di Langa, tutta la poesia, l’amore e la malinconia dell’animo dello scrittore.