02 aprile 2025

MONS. BARBERIS, LA SPAGNOLA, 400 MORTI AL GIORNO A TORINO

CANONICO BARBERIS

Cento anni fa la spagnola ha mietuto milioni di vittime in Europa e nel mondo. Anche il venerabile Adolfo Barberis, segretario del cardinale arcivescovo di Torino Agostino Richelmy, nell’autunno 1919 è contagiato ed è costretto a 50 giorni di degenza.

MILIONI DI MORTI PER UNA STRANA MALATTIA – Nel febbraio 1918 «Fabra», agenzia di stampa spagnola, trasmette: «Una strana forma di malattia a carattere epidemico è comparsa a Madrid. L’epidemia è di carattere benigno non essendo risultati casi mortali». Così comincia la tragedia della spagnola che – secondo gli storici – «riconfigurò radicalmente la popolazione più di ogni altro evento successivo alla peste nera del 1347-52», narrata da Giovanni Boccaccio ne «Il Decamerone».

ORIGINATA FORSE NEGLI STATI UNITI – Da dove venga è difficile dire con certezza. Nel marzo 1918 la sua presenza è attestata a Camp Funston (Kansas) – centro di raccolta per le truppe dello zio Sam in partenza per l’Europa – quando il cuoco militare Albert Gitchell si presenta all’ufficiale medico con «mal di gola, febbre e mal di testa», presto raggiunto da un numero di infettati tale che un hangar è trasformato in infermeria. Al seguito delle truppe, la pandemia passa dal Midwest alla East Coast, ai porti europei e al fronte occidentale e in Europa dove i militari che si ammalano al fronte sono portati nelle retrovie, così il morbo dilaga anche fra i civili. L’epidemia si manifesta con febbre a 39-40 che vira rapidamente in polmonite, vomito, emorragia polmonare e quasi sempre nella morte: la pelle dei moribondi diventa viola. La Spagnola uccide soprattutto giovani uomini di 18-40 anni.

UNA MALATTIA FEROCE QUANTO LA GUERRA – Nel 1918-20 vivevano sulla Terra meno di due miliardi di persone; furono contagiati 200-500 milioni; i morti furono 20-50-100 milioni. L’Italia, già duramente provata dalla guerra, è vessata in tre ondate. La pandemia contagia 4 milioni e mezzo di persone, il 12 per cento della popolazione (36 milioni). I morti sono 375-650 mila. Al fronte nell’ottobre 1918 ci sono 3 mila nuovi casi e 2 mila morti al giorno. Il morbo colpisce principalmente il Sud ma in tutta Italia non c’è igiene; le case sono senza acqua e senza gabinetti; i paesi sono senza fogne; le famiglie si ammassano e muoiono.

A TORINO 400 MORTI AL GIORNO – Tra settembre 1918 e primi mesi 1919 ci sono 400 morti al giorno. Tra le vittime anche due ragazzini del Seminario di Giaveno. Il 6 ottobre 1918 i quotidiani annunciano i drastici provvedimenti dell’Ufficio d’igiene «per la difesa della popolazione dall’influenza»: chiusura di teatri, caffè concerto e cinematografi; riduzione degli orari dei negozi e delle farmacie; chiusura delle scuole; divieto di funerali affollati; nelle chiese sospensione delle celebrazioni non necessarie. Pier Giorgio Frassati, senza alcun timore, visita i malati nei tuguri, fa ricoverare i più gravi, procura le medicine. Governo e autorità militari impongono una severa censura. Sconvolte anche le sepolture: per evitare assembramenti e «per non demoralizzare la Nazione», sono proibiti: annunci mortuari, fiori, rintocchi funebri delle campane, cortei e carri funebri, soste dei feretri in chiesa, chiusura di un battente degli edifici in segno di lutto. Niente preti, croci, campane ma dritti al cimitero.

DON BARBERIS, LA TENEREZZA DI UN PADRE – È soprattutto ai bambini e alle mamme che riserva le sue cure pastorali e la sua sensibilità. Tra i «devastati» dalla guerra ci sono le famiglie. Fame e denutrizione segnano pesantemente l’infanzia con il rachitismo: tra essi fa il prete, l’operatore sociale e il giocoliere con spettacolini e giochi di prestigio. Si interessa dei bambini nati fuori dal matrimonio, quasi una piaga sociale, figli di ragazze madri di quella classe emarginata e marginale delle serve, delle cameriere, delle donne di servizio, provenienti in prevalenza dalla campagna. Realizza un Asilo Materno a Villa Nasi, in collina. Con don Giuseppe Giacosa fonda il pensionato universitario che, in onore del cardinale, chiama «Augustinianum», un centinaio di studenti per i quali organizza incontri culturali e crea una Conferenza di San Vincenzo. Nel luglio 1919 accompagna il cardinale al santuario di Sant’Ignazio, in valle di Lanzo, e fa lunghe camminate in montagna. Come riconoscimento delle sue attività il 31 dicembre 1920 il cardinale lo nomina canonico onorario della Metropolitana».

 

Pier Giuseppe Accornero

 

 



» ELENCO ARTICOLI Curiosità «
Stampa
© 2025 ENNECI Communication | Powered by WordPress | Designed by Manager Srl