Quercetti, più di 70 anni di Chiodini
Una tavoletta in plastica bucherellata bianca, un mare di chiodini colorati, la nostra fantasia e tanto tempo per giocare. Figli di un’Italia ancora in ripresa, siamo cresciuti così, senza impegni pressanti e continui, senza pomeriggi estenuanti e segnati da corsi di danza, scuole di calcio o di nuoto. Le attività fisiche le svolgevamo in strada, nei cortili dei condomini, in quelli degli oratori o nei campi, e nelle giornate fredde o piovose, si giocava in casa, per molte ore.
Senza annoiarci.
Il signor Quercetti ci ha dato veramente una mano a trascorrere momenti divertenti e creativi. Quanta fantasia abbiamo scatenato sulla nostra tavoletta. I piccoli chiodini colorati ben si prestavano a comporre figure definite, ma anche a disegnare forme astratte. Persino gli artisti li usarono, Antonio Bueno, esponente del Gruppo ’70, realizzò alcuni volti femminili utilizzando i chiodini, la sua opera “Figura n°37” del 1966, è tutt’ora visibile presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Nati dal genio di Alessandro Quercetti, i Chiodini hanno più di 70 anni; furono infatti creati a Torino nel 1950 e hanno invaso il mondo.
Aviatore, tornato in città alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e deciso a ricostruire la sua vita, il giovane Alessandro viene assunto come operaio in una fabbrica di giocattoli che però chiuderà di lì a poco. Ma il ragazzo ha qualità e capacità non comuni e nel 1950 si mette in proprio, inizia così la storia di uno dei fondatori dell’industria del giocattolo.
La Quercetti è un esempio di straordinaria longevità industriale nel suo settore. Ora la fabbrica è più grande, più tecnologica, ma il nome sulla porta di corso Vigevano 25 è immutato. La proprietà è sempre la stessa, al comando della Quercetti ci sono i figli di Alessandro: Alberto e Stefano, i giochi si sono evoluti ma la filosofia è rimasta quella del capostipite. E il prodotto di punta è sempre lui: il Chiodino. Si è evoluto, non è più solo un gioco per bambini, si è adattato ai tempi e ora è apprezzato anche dai bambini di ieri diventati ormai adulti: adesso si chiama Pixel. Ma il tempo alla Quercetti pare essersi fermato: in questa piccola oasi della nostra città i giocattoli si fanno ancora con le mani. Si progettano, si disegnano, si assemblano manualmente. Niente è demandato, niente è importato. .
In 70 anni la Quercetti ha conservato la sua identità senza mai scendere a compromessi. Perché per fare giocattoli, per creare un interesse che duri nel tempo, per creare un prodotto utile per la crescita e non solo attraente, è necessario avere un’alta considerazione dell’intelligenza dei bambini.
Patrizia Durante