Countach, un nome piemontese per la Lamborghini
Un successo che vale la pena raccontare. Usate la fantasia e calatevi in una fredda notte del 1970, una notte torinese, fatta di umidità e lampioni che illuminano nastri d’asfalto regolari e deserti. Nella Carrozzeria Bertone un guardiano aspetta con pazienza l’arrivo di Paolo Stanzani, ingegnere e direttore tecnico della casa automobilistica Lamborghini. L’ingegnere deve dare un’ultima occhiata al prototipo di una nuova vettura, l’ingegnere ha un ritardo imbarazzante. Il guardiano è comunque lì, in attesa. Stanzani finalmente arriva, la paziente sentinella lo accompagna nell’officina dove è parcheggiato il nuovo bolide dell’azienda di Sant’Agata Bolognese, un unico rumore: i passi dei due uomini.
Le luci sono puntate sull’auto coperta da un telo intorno è buio e silenzio, il sorvegliante si avvicina e con mossa rapida toglie la leggera copertura, il gesto è seguito da un’espressione di autentico stupore che si condensa in una parola: “Countach!” E’ pura sorpresa e meraviglia. In piemontese infatti quella parola significa “perbacco”, “accidenti”, “corbezzoli”.
L’ingegnere guarda il capolavoro e chiede spiegazione su quell’espressione che è suonata come un efficace colpo di frusta alle orecchie, di cui però non conosce il significato. Il guardiano è imbarazzato, sorride e traduce: “Vuol dire perbacco, caspita”. Il dialetto regala però una forza che la lingua italiana non possiede.
E’ oramai impossibile appurare se l’episodio sia fantasia o aderisca al reale, fatto sta che Paolo Stanzani scelse quel nome per la vettura che, solo con il suo rombo, ha fatto girare la testa a mezzo mondo. Per la prima volte si ruppe quindi la tradizione delle casa bolognese di chiamare le vetture con nomi di tori famosi come Urraco, Espada, Murcielago, Aventador, Miura.
Già, il toro. Simbolo della casa automobilistica e segno zodiacale del fondatore Ferruccio Lamborghini, ma anche emblema della città di Torino, dove aveva sede la Bertone che firmava vetture di successo. La Countach non era però come le altre, era un’autentica opera d’arte: Era materia plasmata in modo magistrale. Larga e bassa, sfrecciava incollata all’asfalto, nonostante i 300 chilometri orari garantiti dal motore v12 e dai 375 cavalli imbrigliati sotto il cofano. La carrozzeria, già rivoluzionaria, divenne futurista grazie alla scelta delle porte che si aprivano ruotando verso l’alto. Senza considerare il taglio accurato e quasi manuale dei finestrini e del parabrezza, gli angoli e gli spigoli decisi, le prese d’aria simili a quelle dei futuri shuttle, e l’incredibile specchietto retrovisore a periscopio, che ne facevano una vettura mai vista, una cosa dell’altro mondo, un’astronave.
Il prototipo fu presentato al Salone di Ginevra nel 1971 ma, visto il persistente successo della Miura, fu commercializzata solo nel 1974, gli ordini furono subito importanti, tanto che la Lamborghini ingrandì lo stabilimento ed entrò di diritto tra i maggiori costruttori di auto di lusso. In pochi anni l’azienda cambiò, perse la connotazione artigianale che garantiva la produzione di pochi pezzi, e divenne una realtà industriale. La produzione della Countach proseguì per oltre vent’anni, i vari restyling la resero sempre più bella, più potente e più aggressiva.
Countach! Un meraviglioso “perbacco” che incantò il mondo intero.
E per chi volesse ammirare la Countach in azione eccovi il link per un bellissimo video realizzato dall’amico Sergio Sapino
www.youtube.com/watch?v=T_nTLPI1aD8&list=PL2AACAF86711F4BAD
(per vedere il filmato copiate questo link sulla vostra barra indirizzi web e….buonavisione!)
Patrizia Durante