24 giugno 1500 – La festa di San Giovanni a Torino
La festa torinese di San Giovanni Battista che si celebra ogni anno nel capoluogo piemontese la sera e la notte del 23 giugno, costituisce certamente la punta di diamante della ritualità, per certi aspetti “pagana”, della tradizione piemontese. La scelta cristiana di consacrare il 24 giugno a San Giovanni va vista in relazione alla natività di Cristo del 25 dicembre: ponendo l’Annunciazione nove mesi prima e basando l’interpretazione sulla testimonianza del Vangelo (Luca afferma che Maria andò a trovare Elisabetta al sesto mese di gravidanza, nei giorni dell’Annunciazione), Ë stata stabilita la nascita del Battista, creando un dies natalis totalmente diverso da quello degli altri santi celebrati nel calendario (San Giovanni è l’unico santo di cui è festeggiata la nascita).
Per alcuni la festa di San Giovanni sarebbe la trasformazione di un antico culto solare (un preciso riferimento è reperibile nella festa romana del 24 giugno indicata come solstitium o campas), che rivela quindi una radice ben assestata nella tradizione rituale precristiana. . Va ancora segnalato che Giovanni Battista, nell’iconografia è spesso riproposto sul modello della divinità agricola.
I rituali legati a San Giovanni, non ancora spenti nel folklore di molti paesi, possono quindi essere posti in relazione alle feste solstiziali precristiane, in cui si celebrava la morte – rinascita del ciclo stagionale. A livello popolare però, queste pratiche non si sono spente e hanno mantenuto una propria vitalità, conservando alcune caratteristiche invariate: il fuoco, i giochi, le sfilate, le danze, il coinvolgimento collettivo in un falò finale, forse ultima memoria di un’antica trasgressione. Anche sulla base di questa tradizione si andò affermando la credenza che la notte di San Giovanni fosse il momento dedicato alla celebrazione dei rituali delle streghe, in Piemonte denominate masche. Le erbe raccolte durante la notte di San Giovanni erano ritenute le più adatte per preparare filtri, pozioni magiche e praticare incantesimi. Nella magica notte le donne da marito traevano auspici sul loro futuro sposo attraverso molteplici forme rituali. La zitelle “mettevano piombo nell’acqua a liquefare e dalla forma del piombo cercavano di capire la qualità del marito sperato: usanza molto diffusa anche questa. Si adoperavano anche tre fagioli: uno sbucciato del tutto, uno solo per metà, il terzo intatto. Questi fagioli si avvolgevano nella carta e si ponevano sotto il guanciale: la mattina del San Giovanni si tirava a sorte: l’intatto presagiva uno sposo ricco, quello mezzo sbucciato uno sposo mediocre, quello del tutto sbucciato un nullatenente .
In sostanza, quasi in tutte le località in cui sopravvive la festività del 24 giugno, il tema dominante che si è conservato con maggiore frequenza è quello relativo al falò ( a Torino chiamato farò), intorno al quale si ballava e cantava (a Torino questa pratica è chiamata balloira). In Europa, accanto al falò era inoltre d’uso accostare i malati, che ne avrebbero tratto i favorevoli influssi; inoltre, la cenere ottenuta era considerata dotata di poteri taumaturgici e protettivi. Sulla catasta di legno poteva anche essere collocato un albero, che aveva sulla punta una corona di fiori.
A Torino la festa di san Giovanni -ancora oggi parte integrante del folklore piemontese – è documentati a partire dal XVI secolo. Ma non vi sono motivi storici per escluderne la presenza nei periodi precedenti.
Oltre alla processione, al falò e alla balloira per l’occasione veniva anche celebrata la messa dall’arcivescovo direttamente nel duomo, che poi guidava la processione davanti alla numerosa folla intervenuta.
In seguito si distribuivano fiori e arance: segni sopravvissuti chiaramente ai culti solstiziali nei quali frutti e fiori avevano un chiaro significato propiziatorio.
A partire dal XIV secolo, il comune provvide anche ad ufficializzare certi componenti della festa, dando ai trombettieri (trombadotores) e ai venditori di caramelle (caramelator) una tonaca e il cappuccio.
Altre manifestazioni organizzate in occasione della festa di San Giovanni erano il tiro con l’archibugio e l’elezione di un “re” della balloira: quest’ultimo era esente da servizi di ogni genere e godeva di altri piccoli privilegi.