28 aprile 2005 – Folla ai funerali di Orfeo Pianelli
“Stava facendo colazione e si è accasciato. Nulla lasciava prevedere una fine tanto repentina, anche se la frattura al femore aveva costretto papà a letto”. Questo il racconto della figlia Cristina che a Villefranche, in Costa Azzurra, continua a rispondere al telefono che squilla senza sosta. La salma di Orfeo Pianelli sarà trasportata dalla Francia ad Alpignano, dove c’è la tomba della famiglia.
Proprio ad Alpignano era arrivato quel ragazzino mantovano di 17 anni, Lucio Orfeo Pianelli, emigrato da Vignale di Borgoforte, dove aveva fatto il garzone di muratore ma, dopo le elementari, era andato avanti frequentando le serali. “Il municipio di Borgoforte? L’ho fat mi, cazzuola e frattazzo” amava ricordare. A Torino aveva trovato lavoro come aiuto elettricista in una delle tante piccole imprese che facevano manutenzioni e impianti in Fiat. Qui aveva incontrato Domenico Traversa, che in Fiat faceva invece l’operaio.
A guerra finita, si mettono in società e danno vita alla Pianelli & Traversa, che negli anni diventa Gruppo con una ventina d’aziende, con brevetti e licenze di fabbricazione per monorotaie aeree e linee elettriche istallate in tutta Europa, lavorano per la Fiat ma non solo.
Nel 1971 Orfeo Pianelli riceve l’onorificenza di cavaliere del lavoro.
Il suo nome è legato in modo indissolubile al Torino, la sua amatissima squadra di calcio, e per comprendere quanto questo legame sia ancora forte, basta leggere le parole di Gian Paolo Ormezzano: “Chi ama il Toro, sa che non ne nascerà più uno come lui”.
Lui, Orfeo Pianelli, aveva conservato stretti legami anche con la sua terra d’origine, la famiglia, i parenti, i cugini, tra cui il vescovo di Cremona e di Verona, monsignor Giuseppe Amari. Il rapporto con la sua terra era ancora così vivo e intenso che si faceva spedire a casa agnoli e tortelli, al tavolo dei Pianelli si mangiava sempre alla mantovana.