3 febbraio 1865 – Vittorio Emanuele II lascia Torino per Firenze
L’Italia non era ancora completa, mancavano infatti ancora il Veneto, il Friuli, il Lazio, l’Istria e Trieste, ma per Torino, la capitale del nuovo regno, era iniziata una grande opera di abbellimento. Molti industriali avevano aperto nuove attività e la città pareva avviata verso un futuro radioso. Alla morte di Cavour seguirono però una serie di governi instabili che mal sopportavano Torino capitale, per la lontananza da molte zone d’Italia e per i legami con la vecchia nobiltà. Prese corpo l’idea di trasferire la sede del regno a Roma, ma era un progetto che richiedeva tempo e impegno, l’obiettivo a portata di mano era il trasferimento provvisorio a Firenze, anche se Torino avrebbe perso un primato che durava da più di trecento anni.
Il re Vittorio Emanuele avrebbe voluto preparare la popolazione e comunicare personalmente ai suoi cittadini la decisione di trasferire la capitale, ma la notizia trapelò: tra il 21 e il 22 settembre 1864 scoppiarono sanguinosi tumulti per le vie della città, ci furono una trentina di morti e oltre trecento feriti.
Il clima di tensione era oramai instaurato, il Consiglio Comunale non riusciva a gestire l’emergenza, gli episodi di contestazione e violenza erano continui, ci fu addirittura una sassaiola contro alcuni delegati stranieri.
Il re decise quindi di mettere la città davanti al fatto compiuto e il 3 febbraio 1865 fece pubblicare sulla Gazzetta il seguente annuncio: “Questa mattina, alle ore 8.00, S.M. il Re è partito da Torino per Firenze, accompagnato da S.E. il presidente del Consiglio dei Ministri”
Il re arrivò in serata a Firenze, vestito in abiti civili e venne accolto con tutti gli onori, al suo seguito 30.000 funzionari di corte si trasferirono nella città toscana.
Il 20 settembre 1870 il generale Cadorna conquistava Roma tramite la breccia di Porta Pia. Vittorio Emanuele dichiarò: “Con Roma capitale ho sciolto la mia promessa e coronato l’impresa che ventitré anni or sono veniva iniziata dal mio magnanimo genitore”.