Ricchiardi, l’ albese che salvò la vita a Churchill

Siamo agli inizi del ‘900. Conflitto anglo-boero. Un treno arranca nella pianura del Transval; la regione del Sud Africa è arsa dal sole, all’improvviso un rumore infernale accompagnato dalle urla dei passeggeri, le rotaie sono state sabotate e il treno deraglia. Un commando si materializza e circonda le carrozze: è la Legione Volontaria Italiana composta circa duecento uomini. Alcuni di loro sono piemontesi: pochi ma buoni: quasi tutti arrivano dalla fabbrica di esplosivi di Avigliana e lavorano in un’azienda di botti sudafricana. Il loro comandante è il colonnello Camillo Ricchiardi, uomo dal fascino, dai modi e dal carisma indiscutibile. Una delle tante attenzioni che lo rendono famoso, è quella di spedire alle famiglie gli effetti personali dei nemici uccisi, accompagnati da una lettera di condoglianze.
I passeggeri scendono dal treno, tra loro ci sono alcuni soldati inglesi e un giovane in abiti borghesi, si qualifica come giornalista, ma si è appena sbarazzato della sua pistola Mauser e viene bloccato mentre tenta, in modo alquanto goffo, di occultare due caricatori di terribili proiettili dum-dum. “Dimmi da dove arrivano, ragazzo”, domanda Ricchiardi con fare perentorio sventolandogli sotto il naso i due caricatori. “Non lo so li ho appena trovati nell’erba.” si giustifica il giovane in palese imbarazzo. “Qualificati, dimmi il tuo nome!” incalza Ricchiardi. “Mi chiamo Winston Churchill. Sono un giornalista.” Il colonnello lo fissa severo, mentre il giovane abbassa lo sguardo.
I soldati al comando di Ricchiardi brontolano, non hanno dubbi, è una spia inglese e come tale va giudicato e fucilato. Subito!
Camillo Ricchiardi tentenna, si lascia intenerire dal volto imberbe, dalla giovane età del prigioniero, blocca il plotone che si sta preparando per fucilazione e spedisce il giovane a Pretoria assieme ad altri 60 prigionieri, da lì Churchill riuscirà a tornare in Gran Bretagna grazie a uno scambio di prigionieri e il resto è storia.
Ma chi era Camillo Ricchiardi, l’uomo che per una manciata di secondi ha avuto il potere di cambiare la storia europea? Una cosa è certa non si tratta di un uomo comune. La vita di Giuseppe Camillo Pietro Ricchiardi inizia ad Alba il 4 luglio 1865, una vita che ha il sapore del romanzo, del feuilleton di fine secolo. Camillo entra giovanissimo tra le fila dei cadetti dell’Accademia Militare nella scuola di Cavalleria di Pinerolo. Qui incontra il colonnello Gerolamo Emilio Gerini che gli propone di lasciare l’Italia e l’esercito per nuove ed emozionanti imprese in terra d’Oriente.
Ricchiardi non si fa pregare e raggiunge il colonnello a Bangkok, dove gli viene affidato il compito di organizzare l’esercito ma anche di occuparsi personalmente dell’educazione militare di uno dei figli del re Rama V.
Nel 1898, il giovane e irrequieto albese si aggira, in eleganti abiti civili, per le vie di Shanghai come funzionario commerciale dell’Unione Industriali Italiani. Ma gli abiti borghesi non fanno per lui e così, questa volta come mercenario, indossa nuovamente la divisa e si unisce al colonnello Emilio Eguinaldo e combatte gli spagnoli per rendere indipendenti le Filippine. Dopo mesi di dure battaglie da Manila Camillo Ricchiardi si sposta in Sud Africa e diventa uno degli uomini più fidati del generale Boero Louis Botha: lì costituisce la Legione Italiana.
Rientra in Italia e organizza dei comitati a favore della guerra boera, poi si trasferisce in Argentina dove il governo lo nomina amministratore di una colonia di rifugiati boeri. La vita turbolenta dell’avventuriero subisce però una battuta d’arresto nel 1923, quando viene colpito da un ictus che lo rende parzialmente infermo. Si stabilisce per qualche anno a Montecarlo, accudito dalla moglie e dalle due figlie, la famiglia si sposta poi a Nizza Marittima, e in ultimo a Casablanca dove nel 1940 l’ albese Camillo Ricchiardi muore.
Patrizia Durante