27 gennaio 1967 – Muore suicida Luigi Tenco
Nato a Cassine (Alessandria) il 21 marzo 1938 è stato un cantautore e attore italiano o, come lui stesso amava definirsi, un compositore. Il suo suicidio, avvenuto in un albergo di Sanremo durante l’edizione del 1967 del Festival della canzone italiana, lasciò sgomento e destò scalpore nell’ambiente musicale e nella società italiana in generale.
Insieme a Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Umberto Bindi è uno degli esponenti della cosiddetta scuola genovese, un nucleo di artisti che rinnovò profondamente la musica leggera italiana.
Nato da una relazione extraconiugale della madre, Teresa Zoccola, cameriera presso una casa molto benestante di Torino (la famiglia Micca) con Ferdinando, il figlio sedicenne della famiglia. La madre venne poi allontanata e ritornò a Cassine, e Luigi prese il cognome del marito della ragazza, Giuseppe Tenco, che morì in circostanze mai del tutto chiarite[6] prima che lui nascesse. I due avevano già un figlio, Valentino.
Nel 1961 uscì il suo primo 45 giri inciso come solista e con il suo vero nome, intitolato I miei giorni perduti. Nel 1962 cominciò una breve esperienza cinematografica, con il film La cuccagna di Luciano Salce, pellicola nella quale cantò il brano La ballata dell’eroe, composta dall’amico Fabrizio De André.
Il primo 33 giri di Tenco uscì proprio quell’anno; conteneva successi quali Mi sono innamorato di te e Angela.
Nel 1966 stipula un contratto con la RCA Italiana ed incide Un giorno dopo l’altro, che diventa sigla dello sceneggiato televisivo Il commissario Maigret. Altri successi dell’epoca sono Lontano lontano (in gara a Un disco per l’estate 1966), Uno di questi giorni ti sposerò, E se ci diranno, Ognuno è libero.
A Roma, conobbe la cantante italo-francese Dalida, con la quale ebbe una relazione.
Nel 1967 si presentò al Festival di Sanremo con la canzone Ciao amore ciao, cantata, come si usava a quel tempo, da due artisti separatamente (in questo caso si trattava dello stesso Tenco e di Dalida).
Il brano di Tenco non venne apprezzato dal pubblico e non fu ammesso alla serata finale del Festival.
Rientrato all’Hotel Savoy, venne successivamente trovato morto nella camera che occupava, la n. 219, di una dépendance dello stesso Hotel. I primi a rinvenire il cadavere furono, presumibilmente, il suo amico Lucio Dalla, e successivamente la stessa Dalida. Il corpo riportava un foro di proiettile alla testa. Venne trovato un biglietto vergato a mano – che più perizie calligrafiche hanno poi consentito di attribuire allo stesso Tenco – contenente il seguente testo:
«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.»