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15 gennaio 2003

Ritrovato ordigno a Torino: un vero enigma

È davvero un enigma, un grosso punto interrogativo. Una bomba potente, pericolosa, in grado di provocare gravissimi danni collocata in un posto insolito, insospettabile, assolutamente al di fuori di ogni logica. Un grosso tubo di ferro, dentro tre chili di gelatina esplosiva, divisa in nove candelotti protetti da quasi cinque chili di chiodi. Il tutto nascosto in sacchetti di plastica con un led, un circuito elettrico collegato a due batterie d’ auto. Una volta attivato il circuito, l’esplosione, una fortissima onda d’urto e poi la pioggia di chiodi e proiettili nel raggio di 100-150 metri. Lo conferma il colonnello Damiano Apostolo, comandante provinciale dei Carabinieri: “Davvero una bomba pericolosa poteva fare una strage…”. Alcuni abitanti dei condomini di via Ghedini dicono d’aver visto i sacchetti ieri in giornata, altri addirittura il giorno prima: ieri sera l’allarme quando è stato notato il led rosso. Sono stati chiamati i Carabinieri, sono state fatte evacuare in fretta e fu­ria le 15 famiglie che abitavano nelle case e poi la bomba è stata resa innocua. Il procuratore Maurizio Laudi, coordinatore del pool che si occupa di terrorismo a Torino, fa capire che si tratta di un allarme serio e che bisogna capire la matrice e quale potesse essere l’obiettivo. Nel pomeriggio di oggi la bomba è stata fatta brillare in una cava alle porte di Torno e alcuni reperti inviati ai Ris di Parma per le analisi previste dall’inchiesta. Nessuna rivendicazione, per ora, ma il mistero più grande è legato al luo­go dove è stata rinvenuta la bomba e quindi l’obiettivo che si voleva colpire: in questo quartiere non ci abitano personaggi legati alla malavita e quindi non si può pensare a vendette trasversali; non sembrano esserci nuclei vicini al terrorismo. E allora si tratta dell’ope­ra di un balordo? Gli inquirenti sembrano escluderlo. La bomba era opera di un esperto in materiali esplosivi, forse qualcuno – visto il rischio troppo elevato – ha preferito sbarazzarsene lasciandola sotto un balcone.



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