Delitto Cogne: al processo Anna Maria parla per 2 ore
Due ore e mezzo di interrogatorio, tante lacrime e qualche “non so”: così, oggi, si è snodato il pomeriggio di Anna Maria Franzoni davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Torino, che devono stabilire se ha ucciso o meno il figlio Samuele e confermare la condanna a trent’anni inflitta in primo grado. Era stata la stessa donna a chiedere di essere ascoltata e, quando il presidente Romano Pettenati le ha chiesto il motivo, ha risposto che voleva “spiegarsi”. “Possono condannarmi e torturarmi aveva riferito ai giornalisti durante una pausa dell’udienza ma sono e rimango innocente”. Anna Maria, nel suo sobrio maglioncino blu, ha risposto con calma davanti a un’aula strapiena di pubblico, di amici e di familiari, ma alcuni punti nella sua deposizione sono rimasti in sospeso. Due elementi di cui finora non si era mai parlato. Il primo è stato portato dal giudice Pettenati: si tratta di un calzino bianco da donna, macchiato di sangue, che fu visto dai Carabinieri nella stanza del delitto, sul pavimento accanto a un comò. Come mai era proprio lì? “Forse – ha detto la donna – è stato spostato durante i soccorsi. E l’altro calzino dov’è?”. “Vorremmo saperlo da lei”, ha risposto il presidente. Il pg Vittorio Corsi ha poi estratto dal cilindro il resoconto di una conversazione captata il 5 marzo 2002 dai microfoni piazzati dai Carabinieri nell’auto dei Lorenzi. “Perché – ha chiesto il magistrato – lei e i suoi familiari parlavate di un martello da sciogliere nell’acido muriatico, di impronte da distruggere?”. “Non lo so, io non l’ho detto. Sarà stata una battuta”. “Una battuta”, hanno confermato i parenti dopo l’udienza. Cortese ma implacabile, il presidente Pettenati ha ripetutamente provato a scandagliare la personalità di Anna Maria, i suoi stati d’animo. E Anna Maria, durante il fuoco delle domande, più volte si è messa all’improvviso a piangere e a parlare di Samuele, delle sue ferite. C’è poi il racconto delle ultime ore di vita di Samuele. I disturbi fisici lamentati da Anna Maria la sera prima (tali da farle chiamare la guardia medica alle cinque del mattino), la colazione col marito, il vestirsi in fretta per accompagnare Davide allo scuolabus. “Sammy rimase a dormire, un’allergia lo aveva scombussolato, ma prima di uscire lo sentii piangere, faceva sempre così quando si svegliava e non mi vedeva. Allora tornai giù e lo misi nel mio letto per tranquillizzarlo. Accesi la tv per fargli credere che restavo in casa e chiusi la porta ma non a chiave per non fare rumore”. Unica novità i movimenti di Davide: “Quando andai a prendere Samuele mi venne dietro per la scala. In primo grado dissi che era uscito, ma poi fu lui stesso a ricordarmi come era andata”. “Voglio arrivare alla verità” ha commentato a fine interrogatorio. “Ma non mi pare che loro vogliano la stessa cosa”. Il processo riprenderà il 27 marzo.