“Mi aveva fatto arrestare con un’accusa ingiusta e infamante, quella di violenza sessuale, che non potevo sopportare”: si è giustificato così di fronte agli inquirenti Noureddine Kahalil, il marocchino che questa mattina ha accoltellato l’ex fidanzata Fatima Ksis, anche lei originaria del Marocco, uccidendola. Kahalil ha fatto riferimento alla denuncia che il primo settembre scorso lo aveva portato in carcere. La ragazza disse di essere stata aggredita per strada e pesantemente molestata, e poche ore dopo scattarono le manette. Pochi giorni dopo il marocchino tornò in libertà solo con l’obbligo di firma per sei giorni la settimana e ordinando alla Procura di svolgere altri accertamenti sul caso. L’immigrato aveva ammesso l’aggressione, ma non la violenza sessuale e la giovane donna si era rifiutata di sottoporsi a una visita ginecologica. Ai due pubblici ministeri che ora si occupano di lui ha ripercorso le tappe dei suoi rapporti con la donna, con la quale, secondo quanto si è appreso, aveva avuto degli incontri tempestosi anche negli ultimi tempi: “Mi aveva denunciato per ripicca. A me di lei non importava niente, tanto è vero che ho sposato un’altra. Ma quell’accusa era insopportabile. E poi ne andava anche del buon nome della mia famiglia”.

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