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14 luglio 2005

Morte Matilda: arrestata la madre

Alle 16.10 l’urlo di disperazione di Elena Romani riecheggia dal primo piano dell’antico Castello di Vercelli, dov’è ospitato il Palazzo di Giustizia, fino a raggiungere i giornalisti assiepati sotto le volte dell’androne. È il momento drammatico in cui il procuratore capo Giangiacomo Sandrelli accusa la donna di avere ucciso la figlia Matilda di 22 mesi e le notifica lo stato di fermo per omicidio volontario. “Signor procuratore io sono innocente. Vado in galera, ma sono innocente” dice la donna in lacrime al magistrato, che era affiancato da tre sostituti procuratori, tutte giovani donne: Muriel Ferrari, Antonella Barbera e Raffaella Filoni. Fino a quel momento Elena Romani, assistita dagli avvocati Roberto Scheda di Vercelli e Tiberio Massironi di Gallarate, aveva continuato a ribadire che lei non c’entrava niente con l’omicidio e poi, alle persistenti domande dei magistrati, si era avvalsa della facoltà di non rispondere. “La signora non ha confessato, ma abbiamo qualche elemento in più di prova” commenta il procuratore Sandrelli. Parlando dell’altro indagato per omicidio volontario nella vicenda, Antonio Cangialosi, fidanzato della donna e presente nella casa al momento della morte della piccola, il magistrato ha invece detto che “l’uomo ha una posizione evanescente e inconsistente”. A causare le forti ecchimosi sulla schiena della piccola e le lacerazioni di fegato, milza e reni potrebbe esser stato un calcio della donna, forse provocato dal fatto che la bimba, il pomeriggio della tragedia, aveva vomitato sul letto. I Carabinieri hanno ritrovato, nel corso di alcune perquisizioni, tra cui una fatta anche oggi, una scarpa della donna che sarebbe compatibile con alcuni fori e rilievi riscontrati sulla pelle della piccola. Un particolare che potrebbe far pensare che proprio la scarpa abbia provocato le lesioni mortali. Indiscrezioni parlano anche, ma non c’è la conferma, di alcuni colloqui intercettati alla donna.

 



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