Processo Juve: sentenza, 300 pagine di episodi gravi
Episodi “di notevole gravità”, reati “frutto di una serie di condotte criminose costanti e ripetute”. Usa parole pesanti il giudice Giuseppe Casalbore per motivare, in oltre 300 pagine, la condanna di Riccardo Agricola, capo dello staff medico della Juventus, a un anno e dieci mesi di reclusione. Agricola, secondo il giudice, ai giocatori dava farmaci – alcuni vietati, come l’Epo – “non per finalità terapeutiche”, ma per modificarne “la prestazione agonistica”, rischiando persino di mettere a repentaglio la loro salute. E ha finito per “influire sul risultato della competizione” alla quale partecipavano gli atleti in questione. Quindi è colpevole di frode sportiva e di somministrazione pericolosa di medicinali. Proprio come avevano chiesto i pm Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli. Per Casalbore, Agricola “non può aver fatto tutto da solo”. Non può avere agito “senza l’approvazione dei superiori”. L’Epo, per esempio, costa troppo, può essere nociva per i calciatori e può comportare, se scoperta, pesanti squalifiche per la squadra. Ma l’altro imputato del processo, l’amministratore delegato Antonio Giraudo, deve essere assolto “perché la prova a suo carico non risulta completa e sufficiente”. Le motivazioni della sentenza del processo Juventus, in cui è stato condannato il medico sociale Riccardo Agricola, sono “per nulla convincenti” e l’assoluzione da tutti i capi d’accusa nei confronti dell’amministratore delegato Antonio Giraudo “non consente alcuna insinuazione”. I legali dei due tesserati bianconeri replicano senza mezzi termini alle oltre 300 pagine in cui il giudice Giuseppe Casalbore ha motivato la sentenza del 26 novembre 2004. I legali Luigi Chiappero, Emiliana Olivieri, Anna Chiusano, Paolo Trofino sottolineano che Riccardo Agricola “non ha utilizzato espedienti per ottenere miglioramenti per influire sui risultati delle competizioni”, ma ha sempre “curato i suoi atleti secondo le prescrizioni della medicina dello sport”. Secondo gli avvocati di Agricola, il loro assistito “non ha mai utilizzato l’Epo”. “Lo riconosce – hanno aggiunto Chiappero e Olivieri – lo stesso giudice Casalbore che scrive “non esiste la prova diretta dell’assunzione o della somministrazione di eritropoietina”, ma nonostante questo il giudice torinese ha dato credito all’indagine retrospettiva affidata al perito Giuseppe D’Onofrio ritenendo che la valutazione di tali parametri effettuata anche a distanza di anni non impedisca di ritenere raggiunta la prova”.