Una telefonata a Torino salva 28 immigrati
Se lo tiene ancora stretto tra le mani il suo cellulare. Sembra quasi che lo accarezzi mentre racconta la telefonata più incredibile che abbia mai ricevuto. Una telefonata che ha salvato 28 vite. È l’ora di pranzo ieri quando squilla il telefonino di Banchu Teka, giovane donna eritrea che da 8 anni vive a Torino. “Sento gridare al telefono, piangere…- dice – alcuni miei connazionali che chiedevano aiuto, erano su una barca al largo di Malta, e ho chiamato il 113”. Alla sala operativa della Questura di Torino capiscono subito che non poteva essere uno scherzo. Le informazioni per rintracciare la barca alla deriva carica di eritrei e somali però sono poche. Ma sul telefonino di Banchu è rimasto il numero del cellulare satellitare con cui qualcuno ha lanciato dal barcone la richiesta di aiuto. Alla fine una motovedetta della Guardia di Finanza raggiunge l’imbarcazione in avaria a una cinquantina di miglia dalle coste di Malta. Tutti i 28 immigrati a bordo, tra i quali due bambini, ormai stremati, senza viveri, vengono portati in salvo e trasferiti a Porto Palo, in Sicilia. Quando gli investigatori hanno ricostruito quest’incredibile vicenda hanno voluto subito sapere come mai la telefonata proprio a Banchu. “Non lo so, qualcuno aveva il mio numero, io non conosco nessuno di loro…” ha spiegato candidamente la giovane eritrea. Non è esagerato oggi dire che 28 persone devono la vita alla giovane donna, e a chi, sulla barca, aveva il suo benedetto numero di telefono.