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16 gennaio 2006

A Torino i ricchi hanno 4 anni di vita in più

A Torino si vive più a lungo che nel resto della regione, ma chi è indigente ha una speranza di vita ridotta rispetto ai ricchi: quattro anni in meno per gli uomini e due per le donne. Lo conferma uno studio epidemiologico, presentato durante il convegno “La salute a Torino”, promosso dall’amministrazione civica. La speranza di vita dei torinesi, nel giro di due decenni, è aumentata di 4,5 anni tra gli uomini e di 3,3 tra le donne. La vita media di un uomo che abita nel capoluogo subalpino oggi è di 77 anni e mezzo, mentre quella di una donna è poco più di 83. Ma la geografia della mortalità evidenzia un palese svantaggio per chi vive nelle vecchie e nuove barriere operaie a nord, oltre la Dora (Vallette e Barriera di Milano, prima di tutto), e a Mirafiori Sud. Secondo la ricerca, gli uomini che vivono negli isolati più ricchi della città hanno un’attesa di vita superiore di quattro anni rispetto a quelli che vivono nei più poveri (due per le donne). Ma se i Torinesi risultano in generale più sani degli altri piemontesi, analizzando i dati nel dettaglio si scopre che si ammalano di più per cause legate al disagio (malattie neuropsichiatriche), all’immigrazione (patologie infettive, come la tubercolosi, e interruzioni volontarie di gravidanza, in controtendenza rispetto alla drastica riduzione tra le italiane), all’inquinamento (difficoltà respiratorie), al fumo (cancro ai polmoni) e alla posticipazione dell’età della prima gravidanza (tumore alla mammella). Il diabete incide sul 4,5% della popolazione, uno su dieci tra gli anziani. In città si è in presenza di una minor frequenza di malattie croniche, soprattutto artrosi e mal di schiena, mentre si registra un maggior ricorso a farmaci come tranquillanti, sonniferi, digestivi e lassativi. Con l’aumento dell’aspettativa di vita, cresce la popolazione anziana: oltre il 20% dei torinesi ha più di 65 anni mentre una media della provincia è del 15%. Logico, quindi, che nel 2003 si siano registrati più ricoveri per la frattura del femore (1,035 contro 0,879%).



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